Home » Personaggi Illustri di Torri del Benaco

Personaggi Illustri di Torri del Benaco

Gregorio Rigo

Gregorio Rigo, nato a Torri del Benaco, si dedicò allo studio delle piante scoprendone molti esemplari sconosciuti e tante furono a lui dedicate. Combatté come garibaldino a Bezzecca e a Monte Suello.
Meritò una larga fama di scienziato esercitando la professione di botanico e farmacista; fu anche un patriota.

Fece raccolta di prodotti erbari, andando anche all’estero; fu un ricercatore infaticabile e un insigne studioso.

Nato a Torri il 3 ottobre 1841, vi morì il 15 novembre 1922, come ricorda una lapide sulla facciata della casa natale (situata lungo via Dante Alighieri): “In questa casa visse e si spegneva settantenne Gregorio Rigo, garibaldino di Monte Suello e Bezzeca, farmacista e botanico insigne.

La patria, Torri del Benaco e i botanici veronesi esaltano l’uomo valoroso e buono, il troppo modesto studioso, porgono questo ricordo”.

Foto di Gregorio Rigo
Per concessione della Biblioteca dell’Orto Botanico dell’Università degli Studi di Padova.


Domizio Calderini

Nel 1444 nasce a Torri dal notaio Antonio e da Margherita Pase di Torri, Domizio Calderini, umanista famoso per le sue lezioni su poeti latini, tenute a Roma.
Il padre fu notaio della Gardesana dell’Acqua ed abitava certamente nel lungo edificio che andava dalla chiesetta della Santissima Trinità fino al lago, dato che nella parte di tale casa che guardava il lago era l’abitazione del notaio della Gardesana.
Nel 1700 la zona era comunemente chiamata “contrada dei Calderini”. Domizio compì i suoi primi studi a Verona, dove incontrò l’insigne maestro Antonio Broianica e si dedicò alle lettere greche e latine. Nel 1465 si recò a Venezia alla scuola di Benedetto Brugnoli, dopodiché si trasferì a Roma dove ebbe come suo estimatore e protettore il papa Paolo II; qui divenne un dotto studioso da tutti riconosciuto e apprezzato. Pubblicò le sue prime opere letterarie durante il suo insegnamento all’Università di Roma, a partire dal 1470. La sua opera è stata essenzialmente il commento di autori quali Marziale, Stazio, Giovenale ed Ovidio.

La sua opera importante fu l’emendamento delle “Tavole” di Tolomeo, opera di geografia che tradusse su incarico del papa Sisto IV. A Roma conobbe il Poliziano e nell’Urbe morì di peste all’età di 34 anni nel 1478. Suo padre Antonio, alla sua morte, fece erigere il cippo funerario situato in Piazza Calderini, vicino alla chiesetta dedicata alla SS. Trinità. Anche il Poliziano si recò a Torri per ricercare antichi manoscritti nella biblioteca conservata dal nipote Paolo nei palazzi della Gardesana, e anche lui, in onore del suo amico, volle lasciare un’iscrizione sul retro della stele la cui traduzione cita: ” Fermati o viandante, e rendi onore con i tuoi occhi alla scura polvere che l’onda del tumultuoso Benaco molesta. Qui la musa Libetra trasforma sovente il medesimo alla stessa guisa della fonte di Sisifo e dei verdi boschetti del fiume Permesso: in questa terra Domizio emise sicuramente il primo vagito. E’ proprio lui quel dotto, proprio quello, si sa, che brillantemente commentò alla gioventù di Roma i suoi saggi, che svelò le meraviglie tratte dall’ ispirazione dei poeti. Va’, o viandante, devi ora abbastanza ai tuoi occhi”.
La stele reca a fronta un altro epitaffio che, tradotto, così recita: “Domizio Calderini, quivi nato, fu avviato agli studi liberali in Verona. Partito per Roma, ricevette da Papa Sisto IV onori e compensi, dopo essersi assiso quale sovrano interprete delle lingue classiche presso l’accademia romana. Qui svelò ogni segreto degli oratori e dei poeti.
Vittima della peste micidiale, la morte lo colse all’età di 34 anni. Il padre Antonio volle onorarlo con questa lapide”. Nell’iscrizione sul retro dettata dal Poliziano si legge: “Fermati, o viandante, e rendi onore con i tuoi occhi alla sacra polvere che l’onda del tumultuoso Benaco molesta. Qui la musa Libetra trasforma sovente il medesimo alla stessa guisa della fonte di Sisifo e dei verdi boschetti del fiume Permesso: in questa terra Domizio emise sicuramente il primo vagito. E’ proprio lui quel dotto, proprio quello, si sa, che brillantemente commentò alla gioventù di Roma i suoi saggi, che svelò le meraviglie tratte dall’ispirazione dei poeti. Va, o viandante, devi ora abbastanza ai tuoi occhi”.

Lapide dedicata a Domizio Calderini


Antonio della Scala

Antonio della Scala fu l’ultimo degli Scaligeri e fece riedificare il Castello di Torri del Benaco nel 1383. Nel 1981, durante i lavori per la sistemazione del Castello, Franco Pezzi trovò questa lastra rosa di Prun lavorata. Le dimensioni sono: 60 x 85,5 cm. Vi è raffigurata una scala in rilievo con cinque gradini, simbolo della Signoria scaligera e sempre in rilievo vi è una doppia “A” in carattere gotico. La pietra, ora custodita nel Museo del Castello scaligero di Torri, raffigura lo stemma di Antonio della Scala, l’ultimo degli Scaligeri di Verona, a cui si deve nel 1383 la costruzione di nuove mura sulle rovine di un antico maniero già esistente a Torri, risalente all’Alto Medioevo.

Stemma di Antonio della Scala su pietra istoriata, rinvenuto a Torri del Benaco nel 1981


Angelo Dall’Oca Bianca

Nasce il 31 marzo 1858 a Verona. Grazie al suo talento, riesce ad entrare ancora giovanissimo all’Accademia di Verona ed ad esporre insieme ad altri artisti veronesi.
In tutta la sua carriera partecipa a diverse Esposizioni di Belle Arti in tutto il mondo (Verona, Roma, Berlino, Barcellona, Chicago) grazie alle quali i suoi quadri ottengono molti successi sia di critica sia di pubblico. Nel 1939 è inaugurato a Verona il Villaggio Dall’Oca Bianca, centro di accoglienza per famiglie povere, costruito grazie ad una donazione del pittore ed in seguito ampliato con il suo lascito testamentario. Nello stesso anno sono inaugurate le quattro sale “dallochiane” della Galleria d’Arte Moderna di Verona, dove sono esposti molti dei suoi quadri. Grande stimatore della città di Verona, ma anche di Torri:

lo testimoniano i molti quadri dedicati ai vicoli del paese. Alloggiava spesso all’hotel Gardesana, dove molte volte s’incontrava con l’amico Berto Barbarani. L’11 ottobre 1925 fu nominato Cittadino Onorario del Comune di Torri del Benaco, che continuò a frequentare fino al 1936, anno in cui lasciò Torri per un contenzioso con l’Amministrazione Comunale.
Muore il 18 maggio 1942 nella sua casa di Verona, lasciando al comune di Verona le opere, la sua casa, titoli e denaro. Chiede al comune di raccogliere le sue opere più importanti in una galleria, autorizza la vendita delle altre opere, dispone che siano istituite tre borse di studio annue per gli allievi dell’Accademia e sia dato un sussidio alle povere vecchie ed ai bambini abbandonati.
A Torri lascia molte opere (ritratti di donne, paesaggi, barche), tra le quali ricordiamo Madonna con Bambino che Dall’Oca in persona regalò al Comune e che attualmente si trova nell’ufficio del sindaco.

Angelo Dall’Oca Bianca


Giuseppe Nascimbeni

Giuseppe Nascimbeni, fondatore delle Piccole Suore della Sacra Famiglia, presenti oggi in diversi Paesi del mondo, nacque a Torri del Benaco il 22 marzo1851.
Figlio di genitori modesti, ma ricchi di fede e di pietà cristiana, trascorse l’infanzia nel suo paese natale.
Frequentò il seminario a Verona e, ordinato sacerdote il 9 agosto1874, celebrò la sua prima messa solenne nella parrocchiale di Torri il 15 dello stesso mese.
Avendo conseguito la licenza magistrale, fu inviato a S. Pietro di Lavagno, cooperatore e maestro elementare. Tre anni dopo, giunse a Castelletto di Brenzone (VR), prima in aiuto

all’anziano parroco don Donato Brighenti, poi, alla morte di questi, su richiesta della popolazione, parroco (1885). Sacerdote di profonda fede, di fervente amore a Dio e al prossimo, tutto preso dalla “passione” delle anime e dalla carità verso i bisogni del “povero popolo”, seppe coniugare straordinaria preghiera e indefessa attività.
Ebbe collaboratrici fedeli le suore dell’Istituto che egli stesso fondò, su consiglio del suo vescovo Mons. Bartolomeo Bacilieri, nel 1892, perchè si dedicassero alla educazione della gioventù più abbandonata, all’assistenza degli infermi, alle necessità dei poveri. Promosse il miglioramento anche materiale della sua gente; si adoperò perchè il paese potesse godere dei servizi primari: posta, telegrafo, illuminazione, cassa rurale, oleificio.
Allo scoppio della I guerra mondiale, si interessò dei soldati, mandò suore negli ospedali militari, aprì orfanotrofi per accogliere tante bambine sole, diede ospitalità a profughi e bisognosi. “Pastore” attento al suo gregge e contemporaneamente “Padre” delle suore che andavano prodigiosamente moltiplicandosi, dedicò tutte le sue energie alla edificazione del Regno. Logorato dalle fatiche e purificato da lunga malattia, il 21 gennaio 1922 fu chiamato alla vera vita. Il suo Istituto contava allora 630 suore e 114 case filiali.
Il Papa Giovanni Paolo II lo proclamò beato il 17 aprile 1988 a Verona. A Castelletto, le sue spoglie, in un’ urna presso la cappella delle suore, sono meta di pellegrini che sostano in preghiera. La casa natale, a Torri, è diventata “casa di accoglienza” per sacerdoti, opera tanto desiderata dal Nascimbeni. Nella stanza in cui egli venne alla luce arde, giorno e notte, una lampada che addita la presenza di Cristo Eucaristia.

Don Giuseppe Nascimbeni